I cavalli parlanti di Elberfeld

I cavalli parlanti di Elberfeld

Karl Krall, un ricco gioielliere berlinese di Elberfeld, ha seguito fin dall'inizio i lavori di von Osten (il proprietario di Hans "The Clever"). Krall rifiuta categoricamente la spiegazione dei segnali involontari e vuole riabilitare ad ogni costo il suo amico.
Calato il silenzio su Hans, Krall lo acquista per studiarlo. Si accorge subito che il cavallo era stato disorientato dal cambiamento di metodo bruscamente imposto dalla commissione e che alcune défaillance di Hans dipendevano da errori del suo primo educatore, per esempio se il numero era alto, la pazienza del cavallo veniva messa a dura prova. Krall comincia allora a rieducare Hans ma dopo una nuova brillante ripresa il cavallo non dà più buoni risultati convincendo il suo nuovo proprietario a concedergli la meritata pensione.
Con Hans ormai fuorigioco, Krall acquista due stalloni arabi, Mouhamed e Zarif. Poi, per confutare una volta per tutte la tesi dei segnali involontari, adotta Berto, uno stallone cieco e privo dell'olfatto. Un pony Shetland, Hanschen e altri due studenti, Amais e Haroun.
Il gioielliere berlinese fa parlare di sé dal 1912 al 1914. L'uscita del suo libro "Denkende Tiere" (Cavalli che pensano) provoca molta indignazione tra i dogmatici e Krall verrà accusato di usare i trucchi più assurdi e fantasiosi: segnali visivi, sonori, telepatia, radiazioni N91, suggestione, fili elettrici ecc..
La grande guerra metterà fine a questo agitato dibattito: i cavalli prodigio, quasi certamente requisiti, moriranno con milioni di loro simili per difendere la patria. Tuttavia ne gli archivi, ne il libro di Krall sono andati distrutti.
Krall rifiuta categoricamente di sottoporre i suoi cavalli all'esame di una commissione di "esperti" ma apre le porte della sua scuola a chiunque volesse avere prova delle abilità dei suoi cavalli. Numerose sono le testimonianze lasciateci da questi "visitatori", che meglio di chiunque altro possono testimoniare quanto accaduto realmente nella scuderia di Elberfeld.

Edouard Claparède, un lucido e spassionato intellettuale, ha descritto minuziosamente tutto quello che ha visto nelle sue visite a Elberfeld.
"L'insegnamento di Krall cominciò così con l'aritmetica, con lezioni quotidiane di un'ora e mezzo o due per ogni animale. Dopo soli tre giorni, i cavalli sapevano riconoscere i primi numeri 1,2 e 3 scritti alla lavagna e toccavano con il naso la cifra corrispondente a quella che veniva pronunciata.
In capo a 10 giorni, Muhamed sapeva contare fino a 4; qualche giorno dopo gli fu spiegato il concetto di decine e che per indicarle bisognava battere col piede sinistro, mentre il destro serve per le unità.
Il 14 novembre 1908 (le lezioni erano cominciate il 2 novembre) Muhamed eseguiva correttamente tutta una serie di addizioni semplici e sottrazioni. Il 18 novembre si passò alle moltiplicazioni e divisioni, il 21 alle frazioni. In dicembre si passava al francese, e il cavallo rispondeva così alle domande di aritmetica poste in francese così come a quelle formulate in tedesco. Arrivato a maggio, Muhamed sapeva estrarre radici quadrate e cubiche. A febbraio 1909 cominciano lettura e sillabazione, con un alfabeto convenzionale in cui ogni lettera o dittongo viene rappresentata con numeri da 11 a 66."
Claparède esclude categoricamente, dopo ripetute verifiche, sia i segnali involontari che l'inganno. Quanto al rifiuto di Krall di lasciare controllare i cavalli da una commissione esterna, la cosa è comprensibilissima. Hans era stato talmente tormentato durante il suo "processo" da restarne traumatizzato a vita.

Remy de Gourmont, giornalista, nel 1912, per l'uscita del libro di Krall, scrisse tre articoli per "La Depeche de Toulouse" di cui riportiamo un estratto:
"Dall'insieme degli esperimenti riferiti da Krall e da diversi autori presenti alle sedute, emerge non soltanto eseguono calcoli relativamente difficili, ma distinguono colori, oggetti e persone, eseguono gli ordini ricevuti, leggono, comprendono le parole scritte o pronunciate in tedesco e persino un certo numero di parole francesi e inglesi; sarebbero persino in grado di esprimere spontaneamente i propri desideri e di conversare con il loro insegnante.
Quando dico che Zarif sa leggere, parlo della lettura di parole e brevi frasi scritte su una lavagna. Quando dico che sa scrive, dico che sa compitare con gli zoccoli, designando ogni lettera con un numero di colpi di zoccolo destro o sinistro. I movimenti della testa indicano sì o no. È molto complicato: è un misto tra segni dell'alfabeto morse e i segnali di un semaforo ferroviario.
Zarif riconosce i visitatori abituali, ne scrive i nomi e generalmente indica le particolarità fisiche, come i baffi, che attirano sempre la sua tensione. Un giorno gli è stato presentato il dottor Drekker, un nuovo venuto, è il padrone aggiunto: "Guarda bene il dottor Drekker e raccontami quello che vedi"
Zarif digita scmri. Il padrone che si aspettava la parola schnurbast, baffi, lo corregge: "è sbagliato Zarif", e cancella le lettere che aveva scritto sotto dettatura del cavallo.
Zarif ripete scmren, "Dai Zarif, è sbagliato, stai più attento!" La parola viene di nuovo cancellata, e allora il cavallo scrive: schmeren im bnn.
"Ma caro Zarif non ha senso"
A questo punto il dottor Drekker credo di aver trovato il senso della frase e prende da parte Krall, dicendogli sottovoce: "Potrebbe essere Schmerzen in Bein (dolore a un piede)"
Allora Krall rivolgendosi al cavallo: "Zarif caro, forse nella prima parola che hai scritto manca una lettera?"
Risposta rapida: "Z"
"In che posizione?"
"5"
"E nell'altra parola?"
"Ei"
"In quale posizione?"
"4"
Il padrone continua a interrogare: "Chi e è che ha male a un piede?"
Preferisco il cavallo risponde che si tratta del suo amico Muhamed, come in effetti è, e aggiunge a titolo di spiegazione personale che il veterinario ha detto ad Albert (il garzone di scuderia) di mettere compresse d'acqua.
Così, Zarif era distratto perché pensava al suo amico ed è questo concetto, di cui aveva colto tutti i dettagli, che voleva assolutamente comunicare al padrone. Non è una scena profondamente commovente? È perfettamente chiaro il motivo per cui Krall si rivolge sempre a Zarif con le dolci parole "Caro Zarif".
Ammessi i fatti, e non si vede come si potrebbe non ammetterli, si può solo aprire bocca per dire: la spiegazione meno assurda sarebbe la telepatia, ma anch'essa è un mistero, e spiegare un mistero con un altro mistero non porta lontano.
Si potrebbe essere tentati di leggervi un fenomeno semplice, ma che è passato inosservato perché non ha ancora studiato. Ma la realtà è che i cavalli possono imparare ad associare alcune azioni a suoni o gruppi di suoni. Imparano in fretta che huau significa destra e dia significa sinistra.
Zarif è solo un cavallo che ha portato molto avanti i suoi studi, ecco tutto."

In conclusione, si può rimpiangere che Karl Krall, malgrado la sua buona volontà, sia partito col piede sbagliato, accanendosi a dimostrare l'intelligenza degli animali attraverso la loro capacità di fare ciò che fanno gli uomini: calcolo, cultura generale, musica ecc..
Peccato che Krall non si sia invece concentrato nella ricerca di un mezzo efficace attraverso il quale i suoi meravigliosi cavalli potessero esprimersi più facilmente e liberamente, così da scoprire quello che avevano da dirci.


L'articolo è interamente tratto da libro di Maria Franchini: "L'intelligenza dei Cavalli"

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