
DI GABRIELE BENUCCI
Parlare di Federico Caprilli significa raccontare del militare sinceramente ed instancabilmente dedito al dovere, del teorizzatore e sperimentatore inesauribile della tecnica equestre, dell'istruttore paziente e disponibile; ma vuol dire anche trattare di uno dei primissimi esempi di campione sportivo amato dalle folle, un uomo dalla battuta pronta e caustica, del tombeur de Femme. Significa Insomma affrontare un personaggio sfaccettato che per molti aspetti ci ricorda il Cyrano de Bergerac di Rostand. E proprio il drammaturgo francese in un suo verso afferma che l'epitaffio di ogni cavaliere dovrebbe essere "mort a chaval et au galopp": ufficialmente Caprilli morì cadendo da un morello che andava al trotto. Ma la "vulgata" sussurra molto altro sulla morte e sulla vita del Livornese che inventò l'equitazione moderna.
Romanzesca fu, in effetti, la vita di Caprilli, tanto che dietro le biografie più o meno ufficiali restano celati amori passionali, figure di nobildonne, attrici e mariti traditi; ma anche storia di sfide olimpiche, di militari gelosi e promozioni negate. Fino al mistero più grande: quello che dal 1907 circonda la sua morte avvenuta a Torino in circostanze mai del tutto chiarite. È per questo che raccontare di Federico Caprilli significa muoversi tra storia e romanzo, tra fatti reali e voci mai confermate, tra certezze concrete ed ipotesi costruite a tavolino; fermo restando la finalità di rendere nel modo più completo possibile la storia del "Cavaliere dei Cavalieri".
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